L'amore non si tocca eppure esiste

Ho capito che non facevamo scalpore dopo un anno che t’avevo vista, conosciuta, amata. 

Nessuno s’era accorto di noi, nonostante il rumore assordante delle nostre risate, lo schiocco dei baci, dati senza sosta e a perdita di fiato, il battito incessante del desiderio e della voglia, il brusio di mille parole, dette, pensate, taciute.

Mi sembrava di camminare al mondo con un’orchestra appresso, tanto che a volte, quasi mi vergognavo del chiasso che facevamo. Io, che ero sempre stato timido, discreto, silenzioso, messo là ad un tratto, a sovvertire la quiete. Ogni volta che allungavo il braccio, per afferrarti la mano e tirarti a me, mi sembrava di spostare l’aria, ogni cosa, le persone. Chiedevo scusa sorridendo imbarazzato, convinto che la gente prima o poi c’avrebbe rimproverato d’occupare tutto, ogni spazio. 

Gli anziani, seduti alle panchine del giardinetto di fronte a casa tua, sicuramente non avrebbero trovato altro di cui parlare. Sentivo i loro occhi addosso, appiccicati di invidia e di malinconia. Intuivo la costruzione delle loro congetture su di noi, quando, come, perché. 

Non mi sono mai chiesto perché nessuno m’avesse domandato di te.

Sono stato solo per una vita e la gente non ha fatto altro che chiedermi quando mi sarei sistemato. M’hanno presentato, invitato, preparato per l’amore mille volte almeno e ora, a cose fatte, neanche una pacca sulla spalla.

Nessuno s’è accorto di nulla.

Abbiamo percorso ogni strada, mano nella mano e nessuno s’è accorto di nulla. 

L’altro giorno, sbadata d’amore, stavi attraversando la strada senza guardare, t’ho afferrata dal braccio e strattonata, per salvarti.

Un gruppo di persone è venuto a chiederti se avessi bisogno d’aiuto. Un tizio mi ha minacciato. Io ho sorriso, ho tentato di spiegare ma già altre bocche coprivano la mia, persino i vecchi si sono alzati dalle panchine e mia madre s’è affrettata a dirmi che mai si era vergognata tanto di me. Una tua amica ti ha chiesto se mi conoscevi e se ti avevo già tormentato altre volte.

Il mondo improvvisamente è ruotato in mezzo a noi.

Qualcosa di cui parlare, finalmente.

L’amore non fa notizia. 

La tua mano sulla mia spalla è banale quanto il caffè che beviamo insieme al mattino, stupida come le parole prima di chiudere gli occhi, irrilevante come il silenzio che ci regaliamo per creare ricordi di pace nel nostro futuro. 

Ma l’amore non fa notizia. 

Tu hai curato la mia solitudine e io le tue vecchie ferite, lasciate da un uomo che faceva notizia. 

Lui, non tu. 

Tu, anche in quella situazione, non facevi scalpore. Avresti dovuto guadagnare la tua notorietà con ferite peggiori o magari con la vita. 

Hai deciso di scappare. 

Ma il coraggio non fa notizia. 

Sei corsa da me. 

Ma il desiderio non fa notizia. 

M’hai scosso dal mio torpore e hai spalancato le persiane di casa mia. 

Ma la cura non fa notizia. 

Ci siamo concessi la nostra seconda vita. L’amore non fa notizia. 

Ma c’è.

Non sai, per esempio, che non mi si può dire qualunque cosa, in qualunque modo,

aspettandosi che non m’importi nulla,

perché tanto sono forte, [vedi sopra].

Non sai che le parole sono la mia gioia,

ma pure il mio tormento, che quello che la gente dice è fatto di sillabe e lame contundenti

e mi squarcia la pelle ogni giudizio affrettato

che mi s’infila dentro.

Non sai, che la convinzione che hai di saper andare oltre l’apparenza,

il modo in cui ti compiaci di riuscire a capire le persone,

magicamente svanisce quando si tratta di me o di quelle come me,

che pure se predichi parità e diritti, ti piace tanto sentirti diversa,

per poter dire di essere migliore. [Vedi te].

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